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30/07/2020 ginecologianews

La sindrome dell’ovaio policistico è un disordine eterogeneo caratterizzato da un insieme di segni e sintomi come l’ingrossamento delle ovaie, la presenza di cisti ovariche multiple e da alterazioni endocrinologiche e metaboliche che vanno dall’eccesso di androgeni (cioè degli ormoni maschili) alla disfunzione ovulatoria al sovrappeso/obesità associato ad insulinoresistenza.

L’aspetto morfologico tipicamente policistico delle ovaie è presente solo nelle forme più severe e denota uno stato di non ovulazione cronica che può portare anche a lunghi periodi di amenorrea (cioè di assenza di flusso mestruale).

Ne parliamo assieme al nostro esperto Dott. Marco Ghezzi Medico Chirurgo Specialista in Endocrinologia e Malattie di Ricambio

Perchè l’Endocrinologo?
L’Endocrinologo è il Medico Specialista che si occupa delle patologie delle ghiandole endocrine, cioè di quelle ghiandole (tra cui rientrano anche le ovaie) che secernono i loro prodotti (ormoni) nel circolo sanguigno i quali sono in grado di controllare importantissime funzioni del nostro organismo. La  sindrome dell’ovaio policistico è spesso caratterizzata da uno squilibrio ormonale rendendola, pertanto, una condizione patologica di  competenza endocrinologica.

Dott. Ghezzi , la sindrome da ovaio policistico è’ un’alterazione frequente? E quali possono essere le cause?

Assolutamente sì, la sindrome da ovaio policistico è la più comune alterazione endocrina e metabolica in età riproduttiva che arriva ad interessare circa il 20% delle donne. Le cause rimangono ancora largamente sconosciute anche se evidenze sempre maggiori suggeriscono che la sindrome dell’ovaio policistico possa essere un complesso disordine multigenico con forti influenze ambientali.

Dott. Ghezzi, ci si accorge solo attraverso esami specifici o ci possono essere campanelli d’allarme?

Le alterazioni del ciclo mestruale (che in genere tendono ad allungarsi fino talvolta a scomparire del tutto), talora la comparsa di peluria eccessiva o in sedi non fisiologiche (volto, linea alba e dorso), l’aumento anche significativo del peso nonostante un corretto stile di vita possono essere campanelli d’allarme. Naturalmente è importante eseguire esami diagnostici atti a valutare la presenza o meno di ovulazione, lo stato ormonale e la concomitanza di alterazioni del metabolismo glucidico, in particolare insulinoresistenza.

 

Dott.Ghezzi , generalmente, quali sono le terapie possibili per l’ovaio policistico?

Laddove vi siano severe alterazioni del ciclo mestruale, iperandrogenismo e/o ovaie policistiche all’ecografia può essere preferibile la pillola estro-progestinica mentre in caso di ricerca della gravidanza è indicata l’induzione farmacologica dell’ovulazione. Esistono infine farmaci che possono migliorare/risolvere la resistenza insulinica e con essa il metabolismo.

Dott. Ghezzi lo stile di vita può aiutare?

Certamente. Alcuni accorgimenti alimentari (soprattutto incrementare l’uso di frutta e verdura e ridurre i carboidrati) e stili di vita (prevedere un’attività fisica aerobica moderata ma costante) possono contribuire a migliorare le manifestazioni di questa complessa sindrome.

Ci sono altri esami diagnostici consigliati?

Sicuramente l’ecografia pelvica, eseguita preferibilmente da un Ginecologo , è importante nell’identificare la presenza di follicoli multipli o di vere e proprie cisti e consente di misurare le dimensioni e quindi il volume delle ovaie. L’ecografia riveste un ruolo importante anche nel monitorare l’ovulazione nel caso la donna ricerchi la gravidanza e/o sia sottoposta a cicli di stimolazione ovarica controllata.

Prima di decidere la terapia più opportuna, è bene che, nella donna in cui  si sospetti una sindrome da ovaio policistico, venga eseguito un prelievo venoso per valutare l’assetto androgenico ed estrogenico e degli ormoni ipofisari che controllano direttamente la funzione ovarica. E’ bene effettuare questi esami fra il 2° ed il 4° giorno del ciclo mestruale, periodo in cui i valori non subiscono potenziali alterazioni legate alla normale fisiologia ormonale della donna.  Infine nel caso si sospetti un’alterazione del metabolismo glicemico  occorre indagare se vi è  iperinsulinismo o insulino-resistenza.  L’esame del sangue che più precisamente è in grado di caratterizzare questo aspetto è la curva glicemica ed insulinemica dopo carico orale di glucosio.

 


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21/07/2020 ginecologianews

L’Ecografia è una tecnica diagnostica innocua e non invasiva, che sfrutta le onde sonore e che consente di visualizzare organi e tessuti interni fornendo informazioni sulle loro condizioni di salute mediante l’utilizzo di di sonde ad alta frequenza.

Polimedica, da sempre attenta ad ampliare la propria offerta di servizi, ha fornito il proprio poliambulatorio di una sofisticata apparecchiatura: un NUOVO ECOGRAFO tridimensionale 3D e 4D  di ultima generazione dotato di due sonde, ostetrica e ginecologica endocavitaria.

L’ecografia 3D e 4D offre una ricostruzione multiplanare e render, statica e in movimento che aumenta la confidenza diagnostica con immagini tridimensionali statiche  e in movimento in tempo reale
Questo tipo di ecografia riduce i tempi necessari per lo studio delle immagini, data l’estrema qualità, sia in campo ostetrico che ginecologico.

Perché scegliere l’ecografia tridimensionale in gravidanza?

Scegliere l’ecografia tridimensionale anziché la tradizionale in gravidanza, consente una visione più completa ed approfondita del feto sin dalle prime settimane di gestazione, permettendo quindi la diagnosi precoce di eventuali anomalie.

Permette inoltre l’esecuzione di screening prenatali come il Bi-Test ed il Prenatal Safe.

Il Bi-test tramite un prelievo di sangue ed un’ecografia consente di valutare eventuali anomalie cromosomiche e malformazioni fetali.

Il Prenatal Safe attraverso l’analisi del DNA fetale, isolato da un campione di sangue materno, valuta la presenza delle principali anomalie cromosomiche e, grazie ai vari livelli di approfondimento dell’esame, è possibile ottenere un quadro informativo più completo.

 

Perché scegliere l’ecografia tridimensionale in ginecologia?

Grazie alla elevata sensibilità della sonda ginecologica endovaginale 3D è possibile diagnosticare patologie  dell’apparato riproduttivo femminile, come ad esempio fibromi, endometriosi, cisti ovariche, neoformazioni endometriali, nonché difetti congeniti al fine di riconoscere le cause di aborti ricorrenti.

Tale prestazione risulta quindi fondamentale nel percorso di prevenzione della salute della donna.

L’ecografia 3D ginecologica ricopre, inoltre, un ruolo fondamentale nello studio dell’infertilità di coppia, valutando la pervietà tubarica attraverso la Isterosonosalpingografia.

 

La pervietà tubarica è fondamentale per permettere il passaggio dello spermatozoo e la discesa dell’ovocita fecondato in utero.

Questo particolare esame diagnostico è in grado di valutare, in una donna che cerca una gravidanza, se vi sono difetti strutturali dell’apparato femminile, come una chiusura parziale o totale delle tube oppure la presenza di malformazioni ed anomalie come fibromi e polipi endometriali. Attraverso una semplice ecografia e l’introduzione di soluzione fisiologica ed aria nella cavità uterina, mediante un piccolo catetere, si evita di effettuare altri esami più invasivi e dolorosi.

L’ Isterosonosalpingografia si esegue in ambulatorio senza anestesia, è un esame rapido e normalmente poco fastidioso.

 

Per qualsiasi ulteriore informazione o se desideri prenotare la tua ecografia scrivici a: info@polimedicaonline.it


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In tempi di Coronavirus, molte mamme e future mamme si pongono molti dubbi, preoccupazioni e domande su quale sarà la situazione che dovranno affrontare pensando al loro piccolo e alla propria salute  e l’interrogativo più frequente che rivolgono  al proprio ginecologo è: «Se fossi positiva, quale probabilità avrebbe mio figlio di contrarre l’infezione durante la gravidanza o il parto?».

In entrambi casi, il messaggio è rassicurante, ed in questa situazione di emergenza diventa importante, in mezzo a molte fake news, dare risposte fondate ed aiutare le donne in gravidanza a vivere in modo più sereno e consapevole questo momento importante della loro vita.

Ne parliamo assieme al nostro esperto Dott.Omar Anis, Medico Chirurgo Specialista in Ginecologia ed Ostetricia.

  • Dott. Anis, una paziente gravida e positiva al Coronavirus può trasmettere il virus al proprio bambino?

Allo stato attuale la letteratura internazionale afferma che il virus SARS CoV-2 non si trasmette da madre a feto. Infatti il Coronavirus non attraversa la placenta.

  • Quali sono le precauzioni particolari da assumere in gravidanza?

Occorre ovviamente evitare spostamenti fuori casa, e quando ciò avviene , solo per strettissime esigenze di necessità, lo si deve fare muniti di mascherina e  di guanti. Una volta rimossi questi presidi, prima di entrare in casa o toccare altri componenti della famiglia, in particolar modo i bambini, occorre lavare accuratamente le mani con acqua e sapone od utilizzare una soluzione idroalcolica strofinando le mani bene per almeno 30 secondi.

  • In Gravidanza si è a maggior rischio di contagio?

Assolutamente no, il rischio è uguale a quello di qualsiasi altro adulto e le vie di trasmissione maggiormente dimostrate sono quelle legate al contatto e alla via aerea. Inoltre, in caso di contagio, le gravide, rispetto alla popolazione generale non sembrano sviluppare quadri clinici importanti. In ogni caso , se sono presenti sintomi quali febbre, tosse secca  e difficoltà respiratorie è necessaria  una valutazione approfondita in ambito ospedaliero, previo contatto con il proprio ginecologo.

  • Si può continuare a fare i controlli periodici?

Assolutamente si, per la donna in gravidanza è fondamentale effettuare  sempre e in maniera regolare le visite e i controlli programmati .

  • In caso di positività materna al COVID è consigliato il taglio cesareo?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non raccomanda il cesareo per le donne con sospetta infezione da CoV-2 o affette da COVID-19, salvo presenza di specifiche e reali  indicazioni cliniche materne o fetali. Le indicazioni al taglio cesareo rimangono le stesse per le mamme non COVID .

  • E con i papà in sala travaglio cosa cambierà  ? Possono continuare ad assistere al parto ?

E’ ovvio che, se la madre risulta positiva al tampone Covid19, , la presenza in sala parto deve essere assolutamente circoscritta agli operatori sanitari dedicati   e  a nessun altro, se invece la donna risulta negativa all’infezione e priva di sintomi, i papà sono autorizzati , indossando  ogni dispositivo di protezione  previsto  ,ad essere presenti in sala come è sempre stato e possono assistere alla nascita del figlio e  condividere la gioia di questo momento meraviglioso con la propria compagna.

  • In caso di sintomatologia sospetta di interessamento delle vie aeree (o in caso di positività Coronavirus). Si può allattare?

Assolutamente si! L’allattamento al seno è sempre possibile e va sempre sostenuto! La madre dovrà sempre adottare misure di  controllo dell’ infezione accompagnata dai sanitari , nonchè  tutte le precauzioni igieniche come l’uso della mascherina, accurata igiene delle mani e  pulizia delle superfici.

  • Infine, Dott. Anis,quale messaggio vuole trasmettere alle sue pazienti e a tutte le donne che si trovano a vivere la maternità in questo drammatico momento ?

Le donne in attesa possono stare tranquille, assumere certamente  ogni   precauzione  per non esporsi al contagio, ma se anche questo accadesse, continuare a vivere la gravidanza con fiducia e serenità.

 


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Tutelare la salute di ogni donna significa innanzitutto educare fin dalla giovane età ad adottare abitudini di prevenzione e stili di vita salutari, utili ad evitare infezioni e patologie che potrebbero portare all’insorgenza di malattie più gravi.
Le infezioni sessualmente trasmissibili rappresentano la seconda causa di morte nelle donne in età fertile e il tumore al collo dell’utero è una patologia che, ogni anno, colpisce circa 2300 donne. È però importante sapere che se diagnosticato in fase iniziale, può essere curato e guarito con successo.

Vediamo quindi in che modo attuare una corretta prevenzione del tumore al collo dell’utero.

Tumore al collo dell’utero e Papilloma Virus Umano (HPV)

Il tumore al collo dell’utero è, ad oggi, l’unica forma tumorale riconosciuta come riconducibile ad un’infezione. Il microrganismo colpevole di tale infezione è il Papilloma Virus Umano (HPV), agente virale che si trasmette soprattutto per via sessuale. È comunque bene ricordare che non tutte le infezioni da HPV provocano il cancro alla cervice: esistono circa 120 tipi riconosciuti di questo virus e la maggior parte dei ceppi resta silente o causa lesioni benigne alle mucose cervicali od orali. Inoltre, dei dodici considerati ad alto rischio, due ceppi, l’HPV16 e 18, sono i responsabili principali dell’evoluzione tumorale dell’infezione.

Esistono altri fattori di rischio?

Oltre all’infezione da Papilloma Virus Umano, esistono altri fattori che possono aumentare il rischio della malattia. Tra questi:

  • Il fumo di tabacco;
  • L’uso prolungato di contraccettivi orali senza interruzioni per oltre 10 anni;
  • Le infezioni sessualmente trasmissibili, in particolare da Chlamydia o herpes genitale: queste sono molto comuni e provocano infezioni all’apparato genitale femminile;
  • Predisposizione familiare.

Come attuare una prevenzione del tumore al collo dell’utero

Pochi tumori hanno la possibilità di essere prevenuti come quello al collo dell’utero.
Da qualche anno è possibile eseguire in giovane età (tra gli undici e i dodici anni) un vaccino che protegge da alcune forme di Papilloma Virus. Dopo i 25 anni o comunque dopo l’inizio dell’attività sessuale, invece, eseguendo uno screening ginecologico con costanza e tramite un semplice esame, il Pap Test con ricerca dell’HPV, è possibile identificare la presenza del virus.
Polimedica a marzo pensa a tutte le donne e in occasione delle Giornate in Rosa è possibile prenotare una Visita Ginecologica al prezzo scontato di 60 euro con in omaggio il Pap Test con ricerca del Papilloma Virus.

Per maggiori informazioni o prenotazioni: telefonando al 0499387040 o via messaggio Whatsapp 3913835907o tramite mail all’indirizzo info@polimedicaonline.it

 


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Nella vita di ogni donna, intorno ai 45-50 anni, comincia un periodo complesso di cambiamenti fisiologici e di disturbi coincidenti con l’inizio della menopausa. Ne parliamo con il Dott. Omar Anis, Medico Chirurgo Specialista in Ginecologia e Ostetricia, per scoprire come viverlo più serenamente possibile.

Menopausa: un passaggio graduale

La menopausa è un periodo fisiologico della donna che coincide con il termine della sua fertilità. Generalmente accade tra i 45 e i 55 anni, ma non sono rari casi di menopausa precoce o tardiva. Si tratta, comunque, di un passaggio graduale: dall’inizio delle prime fluttuazione ormonali alla definitiva scomparsa del ciclo mestruale possono intercorrere diversi anni. Questo periodo “intermedio” prende il nome di climaterio ed è la fase più sintomatica e in cui la donna avverte i principali disturbi della menopausa.

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I disturbi fisici della menopausa

Questo cambiamento fisiologico comporta spesso fastidi di diversa natura. A livello fisico, il corpo della donna può essere soggetto a:

  • Ipersudorazione
  • Vampate di calore
  • Palpitazioni
  • Arrossamenti, soprattutto del viso
  • Affaticamento muscolare
  • Dolori muscolari
  • Disturbi dell’apparato urinario
  • Secchezza vaginale

Anche dal punto di vista estetico si possono osservare dei cambiamenti dovuti al nuovo profilo ormonale, soprattutto su pelle e capelli. La diminuzione degli estrogeni, infatti, determina un calo nella produzione del collagene che quindi causa secchezza e diminuzione dell’elasticità della pelle. I capelli, invece, possono diventare più sottili e meno voluminosi anche a causa dello stress e dell’ansia che talvolta accompagnano questo periodo.

I disturbi di natura psicoaffettiva della menopausa

Non sono rari anche cambiamenti della sfera psichica, sociale ed affettiva causati dalla carenza ormonale di estrogeni nel sangue in seguito alla cessazione dell’attività delle ovaie. Tra i disturbi più comuni si trovano: irritabilità, umore instabile, affaticamento, ansia, demotivazione, disturbi della concentrazione e della memoria, diminuzione del desiderio sessuale, insonnia.

Il rischio di depressione è uno dei problemi principali che le donne in menopausa devono affrontare poiché non solo si trovano in un periodo della vita in cui c’è un forte cambiamento fisico-biologico (l’abbassamento del livello degli estrogeni), ma cambiamenti importanti sono legati anche all’avanzare dell’età che comporta nuovi problemi di salute, talvolta la cura di genitori anziani, problemi con i figli e la tristezza per il cosiddetto “nido vuoto”, difficoltà nella coppia e nella sfera sessuale.

I disturbi della menopausa legati alla sessualità

La menopausa ha effetti sulla sessualità, ragione per cui questa fase della vita è spesso vissuta come un momento di deprivazione e considerata, soprattutto nella moderna società occidentale, sinonimo di invecchiamento. Al calo di estrogeni e di progesterone, infatti, si accompagna anche un calo del desiderio sessuale. Parallelamente la scomparsa degli estrogeni induce atrofia vaginale, che si manifesta con una progressiva modificazione delle pareti della vagina che divengono più strette, con una diminuzione dell’elasticità dei tessuti e con la riduzione della lubrificazione.

In conseguenza di questi fenomeni, molte donne in menopausa provano dolore durante il rapporto sessuale. Il calo della libido ha inizio anche prima della menopausa, e si deve alla progressiva diminuzione della produzione di ormoni maschili, come il testosterone e, di conseguenza, anche della dopamina, neurotrasmettitore importante per l’attività sessuale.

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Come affrontare serenamente l’arrivo della menopausa

Tutto questo corteo di alterazioni, più o meno appariscenti, obbliga la donna a rendersi conto che qualcosa nel suo corpo sta cambiando. Diverse sono le strategie a disposizione per affrontare eventuali problemi, sintomi e disturbi che possono insorgere.

Non bisogna quindi temere l’arrivo della menopausa, ma saperla riconoscere e affrontare con serenità assieme all’aiuto del ginecologo di fiducia che possa identificare una terapia appropriata e personalizzata in base alle esigenze della donna.

Si raccomanda quindi, ai primi segnali (irregolarità del ciclo mestruale, vampate di calore, ipersudorazioni…) di rivolgersi ad uno specialista per un controllo, in modo da mettere in atto una prevenzione efficace basata sulla dieta, sullo stile di vita ed eventualmente su farmaci specifici o una terapia ormonale sostitutiva.

 


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19/11/2019 ginecologianews

La parola dell’esperto Dott. Omar Anis – Specialista in Ginecologia e Ostetricia

Cosa si intende per infertilità di coppia?

Per infertilità si intende l’assenza di gravidanza dopo il dodicesimo mese di rapporti sessuali completi, regolari e non protetti. È stimato che in Italia circa il 30% delle coppie soffra di problemi di infertilità.

Quali possono essere le cause principali dell’infertilità di coppia?

Negli ultimi anni, soprattutto nel mondo Occidentale, le cause dell’infertilità non possono più essere ricondotte solo a problemi di sterilità, ma derivano anche da altri fattori, quali:

  • lo stile di vita,
  • lo stress,
  • gli inquinanti ambientali,
  • le malattie sessualmente trasmissibili,
  • lavori sedentari,
  • l’età.

Prendiamo come esempio l’età: la donna raggiunge il periodo di massima fertilità entro i 25 anni, poi, gradualmente, questa inizia a declinare, fino a calare significativamente dopo i 35. Per dare un’idea delle percentuali di successo di gravidanze per ogni ovulazione: fino a 30 anni la percentuale si aggira attorno al 25-30%, per poi scendere al 10% verso i 40 anni e dimezzarsi verso i 43. Nell’uomo, invece, l’aumentare dell’età diminuisce la quantità e la qualità degli spermatozoi.

Ovulazione e giorni fertili

È stato dimostrato che non tutte le donne sanno individuare i giorni fertili. Questa può essere una delle prime cause di mancata gravidanza. In un ciclo mestruale, l’ovulazione avviene a metà, mediamente dai 16 ai 12 giorni prima dell’inizio del flusso successivo. L’ovulazione è il momento in cui le ovaie rilasciano l’ovulo che passa attraverso le tube di Falloppio, qui rimane in attesa di essere fecondato dalle 24 alle 48 ore. Prima di considerare l’infertilità di coppia, è bene imparare a riconoscere questi momenti di massima fertilità e concentrare i rapporti in quei giorni.

infertilità di coppia

Come comportarsi in caso di assenza di gravidanza

È importante, quando la gravidanza non si presenta dopo 12 mesi di rapporti liberi e vi è il dubbio che nella coppia possa esserci un problema di infertilità, contattare uno specialista che possa prescrivere esami specifici in grado di identificare i fattori ostativi della gravidanza e, in seguito, il migliore percorso per affrontarli.

Infertilità di coppia: gli esami per lei e per lui

Molto importante è cominciare con un’anamnesi accurata, che delinei perfettamente la storia familiare. Successivamente verranno effettuati:

  • l’ecografia pelvica per controllare la morfologia degli organi genitali interni e la presenza di eventuali patologie in atto;
  • il tampone vaginale per escludere infezioni batteriche;
  • gli esami del sangue per verificare i livelli ormonali;
  • l’isteroscopia per constatare la presenza di fibromi, polipi o altre patologie che interessano la cavità uterina;
  • l’isterosalpingografia per vedere i genitali interni, compresa la morfologia e la pervietà delle tube di Falloppio e escludere eventuali malformazioni dell’utero.

Gli esami più comuni per l’uomo, sono invece:

  • lo spermiogramma, che deve essere eseguito da un esperto di medicina della riproduzione e non da un laboratorio di analisi generico, valuta: la quantità dell’eiaculato, il numero di spermatozoi totali e la percentuale di quelli malformati e la loro motilità;
  • la spermiocoltura verifica la presenza di eventuali infezioni batteriche nel liquido seminale;
  • l’eco doppler per escludere la presenza di varicocele a livello scrotale;
  • i dosaggi ormonali.

Come comportarsi in caso di infertilità di coppia

Fondamentale è, dopo aver ricevuto gli esiti degli esami di entrambi i partner, individuare con lo specialista il percorso diagnostico e terapeutico adeguato. Un percorso progressivo che possa intervenire utilizzando le tecniche più appropriate agli specifici casi per poter permettere alla coppia di ottenere il sogno che sta faticando a realizzare.

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La parola dell’esperto nutrizionista biologo Dott. Alessandro Bertoldo

Alimentazione e fertilità: come sono collegate?

L’alimentazione e le abitudini nutrizionali incidono notevolmente sulla fertilità e su quelle che saranno le future abitudini alimentari dei figli. E’ un dato ormai confermato che valori non ottimali dell’indicedi massa corporea-(IMC) e quindi di peso, impattano direttamente l’esito della fertilità. Un aumento dell’ IMC associato ad un peggioramento delle percentuali della composizione corporea riferito al tessuto adiposo viscerale e sottocutaneo riduce notevolmente le possibilità di concepimento.  L’abbondante presenza di tessuto adiposo in pazienti obese o significativamente sovrappeso tende a complicare la risposta ormonale, poiché l’adipe “sequestra” gli ormoni necessari all’ovulazione e in casi patologici può compromettere la risposta ovulatoria.

Alimentazione e fertilità: le buone abitudini

La perdita di peso in tali pazienti a rischio può aiutare a ristabilire il normale assetto ormonale e migliorarne la fertilità. Inoltre una corretta e sana alimentazione, è indispensabile per soddisfare le esigenze nutrizionali secondo quanto definito dalle linee guida nazionali e internazionali (LARN e RDA). Non è vero, infatti, che in gravidanza occorre mangiare per due: un eccessivo aumento di peso può creare problemi sia durante la gestazione che al momento del parto. Un corretto aumento di peso in gravidanza è mediamente sui 9-12 Kg e deve avvenire con gradualità. L’aumento del fabbisogno energetico risulta essere solo di circa 300/400 Kcal/giorno e solo per il secondo e terzo trimestre di gravidanza. Durante i primi tre mesi di gestazione l’apporto nutrizionale non dovrebbe subire cambiamenti eccessivi, se non magari nel miglioramento del modo di alimentarsi, consumando quindi quei cibi che portano vantaggio dal punto di vista nutrizionale.

Il Dottore consiglia: una ricetta per migliorare la propria alimentazione

Come fare per migliorare la propria alimentazione in periodo di fertilità?  Un suggerimento ci viene dall’utilizzo del cibo stagionale. In questo periodo autunnale consigliamo una ricetta a base di zucca.

Sformato di zucca in foglia di verza con cavolini di Bruxelles e broccoli, alla scorza d’arancia e noci.

Ingredienti per 4 persone

400 g di zucca
150 g di cavolo verza
120 g cavoletti di Bruxelles
120 g broccolo romanesco
4 gherigli di noce
3 cucchiai di olio extravergine di oliva
15 g di buccia di arancia
1 pizzico di sale

Procedimento:

  • Pulire la zucca e tagliarla a dadolata, lavare e mondare altre verdure.
  • Cuocere parzialmente a vapore (o al forno al microonde) la dadolata di zucca mantenendo una consistenza croccante.
  • Sbollentare in acqua bilanciata con il sale e zucchero (per 1 litro di acqua: 12 g di sale e 7 g di zucchero – poco più di un cucchiaino) le foglie di verza, il broccolo e i cavolini di Bruxelles, separatamente. Non cuocerli per troppo tempo: le foglie di verza per 1 minuto, i broccoli e i cavolini, mantenendo la croccantezza.
  • Spadellare con un pizzico di sale la dadolata di zucca con 1 cucchiaio di olio e con mezzo peperoncino, mantenendola ancora di buona consistenza.
  • Formare gli sformatini in pirottini monouso disponendo prima la foglia di verza e colmando con la zucca. Ripiegare le foglie di verza a costituire la base dello sformatino. Mantenere caldo in forno a 70°C : il tempo necessario a terminare le altre cotture.
  • Ricavare dall’arancia le zeste prive di bianco e tagliarle a brunoise (piccoli quadratini).
  • Con il restante olio e peperoncino spadellare i cavolini di Bruxelles e dopo 2/3 minuti unire i broccoli e le zeste d’arancia, continuando la cottura per altri ¾ minuti. Le verdure devono rimanere croccanti.
  • Impiattare disponendo su un lato del piatto lo sformato e completando con le verdure disposte a giardinetto e i gherigli di noce in granella.

alimentazione e fertilità

Un percorso dal nutrizionista per migliorare alimentazione e fertilità

Sono molte le donne che affrontano un percorso del nutrizionista per arrivare con un buon peso e una buona composizione corporea già all’inizio della gravidanza o semplicemente perché durante il periodo della maternità vogliono mantenere sotto controllo il loro peso. Altre sono invece le coppie che affrontano un percorso dal nutrizionista per migliorare le chance di avere un bambino e/o perché vogliono imparare a migliorare le proprie abitudini alimentari in preparazione di un miglioramento dell’alimentazione per i loro figli.

In entrambi i casi, in seguito alla visita specialistica si procede con la preparazione di una dieta ad hocper le specificità di ogni paziente, che dovrà essere seguita sia in periodo pre-concezionale, di gravidanza nei mesi successivi alla nascita del figlio (almeno per tutto l’allattamento al seno):




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Direttore Sanitario Dott.: G.Mungo




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